Violet, Vernon, Fortunata e la villa del Palmerino, Laura Terzani

Violet,  Vernon, Fortunata e la villa del Palmerino

Laura Terzani

C’è che mio padre ci portava ognitanto al cimitero inglese, in una nella bella piazzetta  di Firenze.

All’epoca, si era tra il 1955 e il 1962, si abitava vicino a campo di marte, dove c’è lo stadio. Io andavo alle elementari.

Ci sta che all’epoca non c’erano tante macchine, anzi direi che ce n’erano proprio pochine e noi si faceva delle splendide passeggiate a piedi nella campagna  fiesolana, o in mezzo alle maestose ville di San Domenico. A piedi seguendo  la via che porta a San Domenico, a piedi su fino a Fiesole  passando davanti alle ville degli amici: ci si fermava a salutare l’Anna che abitava in una villa che sembrava un castellotto un po’ inquietante. Poi era la volta della Nella  con il suo giardino pieno di fiori e tartarughe feroci. Poi si passava  davanti alla casa dalle persiane rosse, quella in curva, subito prima di San Domenico. Che tenerezza

C’è che a distanza di anni, devo dire con un punta di invidia, tutto è rimasto invariato  grazie a un piano regolatore particolarmente severo: il paesaggio sembra freezato, come se il tempo si fosse fermato. Solo le piante possono crescere, ma  non cambiare: le stesse  roselline gialle a mo’ di cascata per proteggere i muri, gli stessi bagliori fosforescenti di glicine, gli stessi  giaggioli a tratteggiare i confini dei prati. Gli stessi cipressi, ormai giganteschi e tante rose, delicatamente profumate,  per lo più rosa  nei giardini privati.

Ci sta che le piante sono le uniche cose che danno il senso del tempo che passa, con  la loro crescita, ma non il loro profumo che è sempre uguale, soprattutto in primavera quando sbocciano tutte insieme.

C’è che un giorno tornando per una visita sui luoghi della mia infanzia ho ritrovato la villa del Palmerino, dove era nato mio padre. Uguale come era rappresentata in un acquerello che ha mia madre a casa . Già perché si potrebbe girare con vecchi acquarelli dipinti nel primo ottocento e confrontarli con gli angoli fiorentini: nessuna differenza.

Quel giorno mi sono fatta forza e ho suonato il campanello del grande cancello.

“Buongiorno mi scusi volevo sapere se qui in questa villa viveva una signorina inglese… so solo il nome Violet…. Perché le faccio questa domanda?

La mia voce diventa leggera quasi un sussurro “ mi scusi qui è nato mio padre… mi  chiamo Laura Terzani… sa  mia  nonna, Fortunata Mazzoli Terzani, era la governante della signorina inglese” volevo sapere…. La voce di donna mi invita a entrare, “la signorina Violet Paget  abitava qui, ma è più famosa con il suo nome d’arte Vernon Lee, era una famosa scrittrice”. “Scrittrice? non sapevo, credevo fosse una pittrice: sa abbiamo trovato tra i documenti che mio padre conservava gelosamente, degli acquarelli. Sono i paesaggi fiesolani, di Violet, mio padre ci teneva  molto non ha mai nemmeno voluto incorniciarli. La data è del 1911.

Sono entrata nel giardino della villa del Palmerino e lì sono stata raggiunta da fantasmi di un mondo che avevo sempre sognato. E ho capito la passione di mio per l’Inghilterra, con le sue giacche e i suoi berretti di tweed, le teiere di argento o peltro…. il suo attaccamento a Fiesole e il suo incredibile amore per sua mamma, che non ho avuto la fortuna di conoscere.

Strano, si disse la Fortunata, spostando le tende e facendo entrare un po’ di aria e di luce nel salotto che sapeva ancora di pipe, sigari e sigarette. Strano che la signorina Violet, nonostante i numerosi amici e conoscenti non sia mai  sposata. Non sapeva chi fosse venuto la sera avanti, da quando la sua pancia era diventata troppo visibile, e la stanchezza si faceva notare un po’ di più, aveva avuto il permesso di ritirarsi subito dopo cena; ma più che permesso si era trattato di un vero e proprio ordine della signorina inglese, che sicuramente preferiva avere un buon rapporto con la gente del posto che avere una casa troppo in ordine.

Nonostante la pancia di sette mesi, che cercava di nascondere sotto ampie gonne  lunghe fino ai piedi, la Fortunata continuava a mantenere un fisico asciutto, non era bella ma sicuramente interessante, vestita semplicemente, sempre in ordine e molto curata. I capelli raccolti dietro in una crocchia erano sempre puliti e pettinati. Odorava di lavanda: era stata scelta dalla signorina inglese perché era in sintonia con il mondo anglosassone o si era adeguata negli anni? Lavorava in quella splendida villa quattrocentesca del Palmerino da una decina di anni, e non aveva mai avuto un rimprovero o un cicchetto dalla padrona, come diceva al marito Nando. Era fiera di questo, lavorava molto  sin dalla prima mattina, quando rinfrescava la casa sempre un po’ affumicata dagli ospiti che si incontravano per discutere di arte, di libri… e si immaginava  le serate di molti anni prima nel 1898  quando la villa era diventata un punto di incontro di intellettuali,-glielo aveva raccontato la madre –  che si riunivano per cercare di fermare la distruzione massiccia della zona centrale medievale, per raddrizzare le strade, ampliarle, di sostituire il Ponte Vecchio. Addirittura era intervenuto il giornale inglese Times avevano addirittura scritto al times che Firenze si accingeva a distruggere la parte centrale medievale per costruire  le era riconoscente se nelle belle giornate poteva andare a passeggiare ancora sul Ponte Vecchio, risparmiato  , parlavano del sindaco…, la discussione vera era come fare per bloccare questo progetto criminale. Ogni tanto un “my god” aveva lonore dei toni più alti, seguito subito dopo dalle parole times o La nazione… Non era nel suo costume stare ad ascoltare i discorsi degli altri, ma la pancia si muoveva e il bambino o la  bambina, appena si buttava sul letto, cominciava ad agitarsi e lei restava sveglia massaggiandosi e cercando di immaginarsi quell’essere irrequieto. La stanza era un po’ umida, nonostante le magnifiche giornate autunnali, il sole non riusciva comunque a riscaldare la villa, troppo grande e soprattutto troppo in penombra. Si alzò per rimuginare un po’ il fuoco nel caminetto e ravvivare le fiamme che stavano spegnendosi…. Faceva in silenzio per non svegliare il marito che dormiva nel grande letto: era tornato dalla fabbrica di Ginori molto stanco, come sempre, e dopo aver mangiato un piatto di  pappacolpomodoro condito con olio crudo, che la Fortunata aveva preparato solo per lui, e una fettina di formaggio si era  appisolato sul letto tutto vestito.

Di là arrivavano voci concitate, parlavano in inglese e Violet cercava di far parlare tutti in italiano:

ci sono delle persone di Firenze che ci possono aiutare in questa battaglia – diceva -… vi prego amici cerchiamo di non parlare tutti insieme. Qui non si tratta di arte o di libri, qui dobbiamo bloccare questo incredibile progetto: cosa pensano di fare? Distruggere il centro medievale?  Radere al suolo il ghetto? E poi cosa ci costruiscono? Dei bei palazzoni  di tipo umbertino come a Roma? Non  possiamo perdere tempo credo che dobbiamo chiedere aiuto alla stampa: posso scrivere un appello sul Times e vedere se qualche giornalista del La nazione aderisce alla nostra iniziativa.

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